Tre mesi con Papa Francesco. Primo bilancio

Un’intervista a Leonardo De Chirico (12/6/2013)

Sono passati tre mesi dall’elezione di Jorge Mario Bergoglio a Papa Francesco (12/3/2013). Dopo il clamore delle dimissioni di Benedetto XVI e la sorpresa per il primo papa latinoamericano, è forse giunto il tempo delle prime valutazioni. Ne abbiamo parlato con Leonardo De Chirico, teologo evangelico italiano e partecipante al dialogo tra l’Alleanza Evangelica Mondiale ed il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani.

 Con l’elezione di Papa Francesco è stata data l’impressione che si sia trattato di una “novità”. E’ così?

 A dire il vero, Bergoglio è stato il candidato che, nel conclave del 2005 che elesse Ratzinger, ha raccolto i voti del gruppo favorevole al card. Martini. Gesuita come Martini, fu percepito come il candidato dei “progressisti” e comunque di quelli che non volevano Ratzinger. Il fatto che abbia sempre avuto un profilo poco appariscente non lo rende certo un “parvenu”. Arcivescovo di Buenos Aires dal 1998, cardinale dal 2001, Bergoglio è tutt’altro che una novità. E’ parte dell’establishment cattolico dai tempi di Giovanni Paolo II.

 Eppure ha dato l’impressione di imprimere una certa discontinuità rispetto al recente passato …

 Sì, certo, la scelta del nome (Francesco) vuole evocare una preferenza per la povertà, anche se bisogna ricordare che Francesco d’Assisi volle la povertà per sé ma legittimò l’opulenza della chiesa di Innocenzo III. In altre parole, pensò alla povertà come ad una scelta di pochi, non come alla prassi della chiesa istituzionale. Papa Francesco ha parlato di povertà e ha dato qualche segnale di uno stile di papato più sobrio e frugale. Tuttavia, un conto è cercare di accattivarsi l’opinione pubblica con qualche gesto pauperistico, altro è smantellare la potenza patrimoniale, economica e finanziaria della chiesa. Sinora è tutto come prima.

 Perché è stato scelto Bergoglio?

 Direi due motivi. Primo per marcare una cesura rispetto a Benedetto XVI. Negli ambienti ufficiali, nessuno mai dirà che il papato Ratzinger sia stato un fallimento, ma la scelta di Bergoglio è un’ammissione evidente. Ratzinger doveva riportare il vecchio mondo all’ordine, ma ha contribuito al suo ulteriore allontanamento dalla chiesa. Doveva esaltare l’ortodossia dottrinale, ma le ragioni per cui sarà ricordato saranno gli scandali dei Vatileaks, degli abusi sessuali, degli conflitti dentro la curia romana, ecc. Con la scelta di Bergoglio, l’enfasi passa dalla dottrina alla pastorale, dal papa professore al papa comunicatore, dal confronto con il post-illuminismo occidentale al dialogo con le masse più semplici intellettualmente del sud del mondo. Dalle parole d’ordine ratzingeriane “fede e ragione” a quelle bergogliane “misericordia e semplicità”. Il cattolicesimo fluttua costantemente tra queste polarità e l’elezione di Bergoglio è un chiaro indicatore della ricerca di un nuovo equilibrio interno.

 La seconda ragione?

E’ una considerazione geo-politica. L’asse del cristianesimo si è spostato nell’emisfero sud. La speranza con Ratzinger era di recuperare l’Occidente, ma questa “mission” è fallita. Nel frattempo, la chiesa cattolica sta correndo il rischio di perdere, oltre l’Europa secolarizzata, anche l’America Latina con l’avanzata delle chiese evangeliche. Sino ad ora, la politica cattolica è stata quella di bollare gli evangelici come “sette”, ma ciò non ha fermato l’erosione a favore degli evangelici. Ora la chiesa cattolica mette a presidio del continente niente meno che il papa. In America Latina si gioca evidentemente una partita importante per i prossimi decenni.  Il fatto che Bergoglio sia argentino di famiglia italiana segna la volontà di occuparsi di quel continente senza perdere di vista l’Europa.

 Gli evangelici nel mondo hanno generalmente salutato calorosamente l’elezione di Francesco …

 In America Latina abbiamo assistito al prevalere di un sentimento nazional-sportivo, con toni da curva da stadio. La reazione emotiva ha innescato un’identificazione come se Bergoglio fosse la “star” che interpreta il riscatto di un continente. Queste reazioni hanno mostrato un carattere evangelico per certi versi superficiale e ingenuo. Ha fatto un certo effetto vedere un papa che è stato eletto soprattutto per contrastarli venire salutato dagli evangelici come un “campione” nazionale.

 Nel frattempo, quali segnali sta dando il Papa rispetto ai temi cari agli evangelici?

 Il primo discorso da Papa è stato infarcito di riferimenti alla Madonna. Il primo atto da Papa è stato affidare il mondo a Maria. Stiamo assistendo ad una sorta di ri-marianizzazione del papato. Altri suoi accenni hanno marcato il forte tratto universalistico del cattolicesimo, come il recente riferimento alla salvezza di tutti, atei compresi. Nei suoi interventi, è costante la sottolineatura dei punti cardine della dottrina cattolica. Il tutto è anche condito con un linguaggio che sembra essere vicino a quello evangelico. Ma occorre saper andare oltre i frammenti e le suggestioni per vedere la “cattolicità” molto avvolgente e molto tradizionale del messaggio di Francesco.

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