Documento finale delle Giornate teologiche 1999 dell’IFED di Padova. E’ stato pubblicato da Ideaitalia III:5 (1999) 7-8; anche in Comunicazioni cristiane XI (1999/12) 13-14. Il documento è stato tradotto in alcune lingue, ad esempio: “Le catholicisme romain: une approche évangélique”, Vivre, 8-9 (2000) 10-14 e Fac-Réflexion 51-52 (2000/2-3) 44-49; “Ein Evangelikaler Ansatz zum Verständnis des Römischen Katholizismus”, Freie Theologische Akademie, 2000 e Bibel Info 59/3 (2001) 10-13; “An Evangelical Approach Towards Understanding Roman Catholicism”, Evangelicals Now, Dec 2000, 12-13; European Journal of Theology X (2001/1) 32-35.
Il cattolicesimo romano è stato oggetto di rinnovato interesse da parte evangelica negli anni che sono seguiti al concilio Vaticano II (1962-1965). A livello internazionale, tale attenzione ha originato una serie di incontri sul tema della missione (“The Evangelical-Roman Catholic Dialogue on Mission 1977-1984”) e ha aperto un dialogo, tuttora in corso, tra l’Alleanza evangelica mondiale e il Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani su giustificazione, Scrittura e tradizione (Venezia 1995) e sulla chiesa (Gerusalemme 1997). Sempre a cura dell’Alleanza, nel 1986 è stata pubblicata un’importante dichiarazione sul cattolicesimo (“Una prospettiva evangelica sul cattolicesimo romano”). Inoltre, in ambienti nordamericani, sono stati redatti i controversi documenti “Evangelici e cattolici insieme” (1994) e “Il dono della salvezza” (1997). Se, fino a qualche decennio fa, la valutazione evangelica del cattolicesimo era decisamente critica e compatta, oggi non è più così. Da più parti si registrano segnali di profondo cambiamento nella percezione che molti evangelici hanno del cattolicesimo. In questa situazione piuttosto fluida e non priva di elementi di confusione, gli Orientamenti che seguono vogliono essere un contributo alla riflessione evangelica sul cattolicesimo e sui criteri con cui relazionarsi ad esso.
La natura del cattolicesimo
1. Il cattolicesimo romano è una realtà complessa. Il cattolicesimo è insieme la sua dottrina, la sua cultura, i suoi soggetti; esso è una visione religiosa del mondo promossa nella storia dall’istituzione ecclesiale romana. Nonostante la sua variegata fenomenologia, il cattolicesimo è anche una realtà unitaria di cui è possibile discernere i tratti fondamentali. Ogni approccio che non tenga conto del fatto che il cattolicesimo è un sistema si presta ad analisi frammentarie e sfocia in una comprensione superficiale.
2. Il presupposto fondamentale del cattolicesimo è il motivo tomista di natura-grazia su cui s’innesta una concezione della chiesa come prolungamento dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Entrambi gli elementi possono essere presentati con sfumature diverse e sono soggetti a numerose varianti interpretative. Di fatto, essi costituiscono la cornice ideologica di riferimento del cattolicesimo e sono rinvenibili in tutte le sue manifestazioni. Tale orientamento presupposizionale comporta per il cattolicesimo una visione non tragica del peccato, un certo ottimismo sulle capacità dell’uomo, una considerazione della salvezza come perfezionamento della natura, la legittimazione delle prerogative divine della chiesa e la necessità della sua mediazione tra Dio e l’uomo.
3. Il progetto caratterizzante del cattolicesimo è quello della cattolicità. Nell’accezione romana, la cattolicità ha a che fare contemporaneamente con l’unità e la totalità. Secondo questo disegno programmatico, il molteplice deve essere ricondotto a unità. La chiesa è vista come espressione, garante e promotrice di cattolicità. Tutto può e deve trovare cittadinanza nel cattolicesimo a patto che sia salvaguardata la struttura istituzionale che preserva l’unità.
4. Sulla scorta del suo presupposto di fondo e per realizzare il suo progetto, il metodo del cattolicesimo è quello dell’integrazione (et-et). Il cattolicesimo è maestro nell’assimilare nel proprio sistema elementi diversi, a volte contrastanti, spesso opposti. Il criterio non è quello della purezza evangelica o dell’autenticità cristiana ma quello dell’inglobamento progressivo e dell’inserimento del particolare in una prospettiva ampia che ne annienti le unilateralità e lo metta al servizio dell’universalità.
La strategia del cattolicesimo
5. Nell’attuale panorama religioso, il cattolicesimo romano dimostra di possedere un proprio disegno d’insieme in vista del perseguimento della cattolicità. Tutto ciò è particolarmente osservabile nella strategia ecumenica attuata dal Vaticano II in poi. In quest’ottica, ogni movimento di apertura nei confronti degli evangelici non può che essere messo in relazione al progetto della cattolicità. Di fronte a questi apparenti segni di disponibilità al cambiamento, ci si deve interrogare se essi non siano invece finalizzati ad allargare la sintesi cattolica e ad inglobare le istanze dell’evangelicalismo in un orizzonte più propriamente cattolico. Tale dinamica cattolica non interessa solo gli evangelici ma tutte le confessioni religiose e, in definitiva, il mondo intero.
6. A questa strategia si collega in particolare l’indizione dell’anno santo del 2000, impropriamente chiamato “giubileo”. L’inizio del millennio è un evento preparato con grande acume in cui il cattolicesimo ha investito grandi risorse. L’anno santo del Duemila è un appuntamento in cui si può leggere chiaramente la natura composita del cattolicesimo contemporaneo. Il “giubileo” vaticano è una superba dimostrazione di quali siano le tendenze dominanti e le prospettive a medio termine del cattolicesimo.
La diversità evangelica rispetto al cattolicesimo
7. Per un evangelico, interrogarsi sul cattolicesimo significa anche fare i conti con la propria identità evangelica. Pensare il cattolicesimo vuol dire anche pensare la fede evangelica in quanto una presa di posizione sull’uno comporta una presa di posizione sull’altra e viceversa.
8. Le differenze tra il cattolicesimo e la fede evangelica sono numerose e si collocano su livelli molteplici, eppure esse sono tutte strettamente inter-relazionate e comunque riducibili alla differenza fondamentale dei rispettivi orientamenti. La differenza fondamentale tra la fede evangelica e il cattolicesimo non è di ordine meramente psicologico, storico, culturale, né è legata a diverse accentuazioni dottrinali o enfasi teologiche che potrebbero risultare complementari. Essa investe l’ordine dei presupposti, del progetto e del metodo delle rispettive confessioni.
9. Il consenso dottrinale esistente tra cattolici ed evangelici sulla base della comune adesione ai credi e ai concili dei primi cinque secoli della chiesa cristiana non costituisce una base sufficiente per dichiarare che esista un accordo su tutti gli elementi essenziali del vangelo. Oltre a ciò, gli sviluppi dei secoli successivi in seno al cattolicesimo inducono a pensare che tale consenso sia più formale che sostanziale. Il discorso può essere esteso alle convergenze tra evangelici e cattolici che spesso si registrano su temi etici e sociali. Questa somiglianza di vedute ha origine nella grazia comune e nell’influenza sulla cultura che il cristianesimo ha avuto nel corso della storia. Dato che teologia ed etica non possono essere separate l’una dall’altra, non si può affermare di condividere la stessa etica ma non la medesima teologia. Pertanto, non essendoci unità nelle verità fondamentali del vangelo, anche l’accordo sulle questioni etiche, pur esistente sotto certi aspetti, è più formale che sostanziale.
10. L’insegnamento della Bibbia riscoperto dalla Riforma del XVI° secolo riguardante i sola è parte essenziale e non negoziabile della comprensione evangelica del vangelo. Sola Scrittura, solo Cristo, sola grazia, sola fede e solo a Dio la gloria costituiscono anche l’insieme dei criteri con cui esaminare il cattolicesimo e con cui interpretare la dinamica interna al cattolicesimo stesso. In base al riferimento valutativo dei sola, la distanza che separa il cattolicesimo contemporaneo dalla fede evangelica non è meno profonda di quella che caratterizzò l’epoca della Riforma protestante. Infatti, anche il cattolicesimo post-conciliare aggiunge alla Scrittura la tradizione ed il magistero, aggiunge a Cristo la chiesa in quanto considerata il prolungamento dell’Incarnazione, aggiunge alla grazia l’esigenza di fruire dei benefici dell’impianto sacramentale ecclesiale, aggiunge alla fede la necessità delle opere per la salvezza, aggiunge al culto di Dio la venerazione di un universo di altre figure che distolgono dall’adorazione del vero Dio. Rispetto al cattolicesimo tridentino, la contrapposizione sulle questioni di fondo oggi è molto più sfumata ed articolata ma rimane sostanzialmente inalterata. L’esclusività della fede evangelica sugli elementi essenziali del vangelo è alternativa rispetto alla cattolicità inglobante del cattolicesimo.
11. I fermenti positivi all’interno del cattolicesimo contemporaneo (il recupero della Bibbia, il rinnovamento liturgico, la valorizzazione del laicato, il movimento carismatico, ecc.) non costituiscono di per sè un motivo di speranza in vista di una riforma della chiesa cattolica in senso evangelico. Solo nella misura in cui incideranno sugli elementi strutturali della natura del cattolicesimo, non espandendola ulteriormente ma purificandola radicalmente alla luce della Parola di Dio, essi potranno avere una funzione realmente riformatrice. Nel panorama attuale, questi fermenti pur interessanti sembrano promuovere più il progetto della cattolicità che non quello della riforma.
I rapporti col cattolicesimo
12. Ciò che si riferisce alla chiesa cattolica nella sua configurazione dottrinale ed istituzionale non è necessariamente estendibile a tutti i cattolici presi nella loro individualità. La grazia di Dio è all’opera in uomini e donne che, pur considerandosi cattolici, si affidano esclusivamente al Signore, coltivano un rapporto personale con Lui, leggono la Bibbia e vivono cristianamente. Queste persone, tuttavia, devono essere incoraggiate a riflettere sulla compatibilità o meno tra la loro fede e l’appartenenza alla chiesa cattolica. Inoltre, esse devono essere aiutate a ripensare criticamente la loro matrice cattolica residua alla luce dell’insegnamento biblico.
13. Nell’adempimento del mandato culturale si possono verificare convergenze, collaborazioni ed azioni comuni tra evangelici e cattolici, così come tra evangelici e persone di altri orientamenti religiosi ed ideologici. Laddove sono in gioco valori comuni in campo etico, sociale, culturale e politico sono auspicabili iniziative di co-belligeranza. Queste forme di cooperazione necessarie ed inevitabili non devono essere scambiate per iniziative ecumeniche, né devono essere considerate espressione di un ritrovato consenso dottrinale.
14. L’adempimento del mandato missionario, invece, impone che a promuoverlo siano comunità di credenti unite da una comune confessione della fede che riguardi tutti gli aspetti essenziali del vangelo, compresi i sola della Riforma. In questo senso, ogni iniziativa evangelistica, missionaria o di testimonianza cristiana che veda insieme cattolici ed evangelici deve essere vigorosamente problematizzata. Inoltre, la testimonianza della fede nel Risorto deve essere rivolta a tutti gli uomini e le donne senza riguardo per la loro appartenenza religiosa.
15. Il cattolicesimo è una realtà che va incontrata e studiata. La diversità fondamentale tra cattolicesimo e fede evangelica non autorizza quest’ultima ad ignorare gli sviluppi interni del cattolicesimo, né a coltivare atteggiamenti di arroganza o di immotivata polemica. Per quanto possibile, il confronto franco e serrato col cattolicesimo deve essere ricercato, soprattutto per quanto attiene alle questioni di fondo delle rispettive confessioni. Anche in questo caso, la pratica del dialogo non deve avere alcuna valenza ecumenica ma semplicemente esprimere l’esigenza di capire e di testimoniare.
Padova, 10-11 settembre 1999