Evangelici e cattolicesimo post-conciliare. Un’intervista a Leonardo De Chirico

(pubblicata su Riforma, 27/2/2004)

L’editore Peter Lang di Berna ha pubblicato di recente il volume di Leonardo De Chirico Evangelical Theological Perspectives on post-Vatican II Roman Catholicism (Prospettive della teologia evangelica sul cattolicesimo romano dopo il Concilio Valticano II).* Il saggio è frutto di ricerche compiute dall’autore in vista del dottorato di ricerca conseguito nel 2003 presso il King’s College di Londra.

A Leonardo De Chirico, professore dell’Istituto di formazione evangelica e documentazione di Padova e direttore della rivista Studi di teologia, abbiamo rivolto alcune domande riguardanti il suo libro.

Il cattolicesimo postconciliare è un oggetto di studio particolarmente complesso. Quali sono le principali fonti della sua ricerca e quale approccio ha applicato al loro esame?

Ho studiato gli scritti sul cattolicesimo di alcuni teologi evangelicali che hanno riflettuto sul Vaticano II, tra cui Gerrit Berkouwer, Cornelius Van Til e John Stott. Poi ho preso in esame alcuni dialoghi recenti tra cattolici ed evangelici nel mondo. In generale, assistiamo a una sorta di disorientamento evangelico di fronte a un cattolicesimo che sfugge agli stereotipi della controversia secolare. Sembra che le vecchie categorie non siano più adeguate a comprenderlo e che le pressioni verso la ricerca di convergenze a tutti i costi siano fortissime. Per affrontarlo teologicamente, non si deve rispolverare un atteggiamento polemico gratuito, ma occorre pensare il cattolicesimo in termini sistemici.

In che cosa consiste la particolarità dell’approccio sistemico?

Il cattolicesimo è una realtà complessa, per certi versi sfuggente. Eppure, c’è un collante teologico che lo tiene insieme e gli dà slancio. Se ci si limita a farne la fenomenologia, si rimane frastornati dalla sua varietà e l’analisi che ne segue è frammentaria. Bisogna capirne le strutture teologiche che permettono l’integrazione del tutto e che sostengono il progetto della cattolicità. Altrimenti, non si capirà come fanno a stare insieme il Cardinal Martini e Padre Pio e nemmeno si riuscirà a fare i conti con il protagonismo della chiesa di Roma sulla scena mondiale. In questo senso, mi sembra che si debba tornare a studiare il motivo natura-grazia che regge la visione cattolica del mondo e su cui s’innesta la comprensione che la chiesa di Roma ha di sé stessa e della sua missione.

Il suo interesse per il cattolicesimo è un fatto isolato in quell’ala del protestantesimo che spesso è definita come «evangelicale»?

L’Alleanza Evangelica Italiana è da tempo sensibile al tema e ha avuto un ruolo di primo piano nella redazione del Documento di Singapore (1986) che delinea delle prospettive evangeliche sul cattolicesimo. Più recentemente, un altro documento dell’AEI (1999) ha fatto il punto della situazione. Questo è il mio filone di riferimento. Del resto, il cattolicesimo è una questione aperta per tutti i protestanti e penso che il mio approccio possa essere utile per ripensare certi assunti ecumenicamente corretti, ma teologicamente discutibili.

 Lei cita spesso gli scritti di Vittorio Subilia. Come valuterebbe la riflessione di Subilia sul cattolicesimo?

Subilia ha indicato delle piste lungimiranti sul nesso cattolico tra cristologia ed ecclesiologia e sulle dinamiche assorbenti della cattolicità romana, anche se l’impianto teologico della sua ricerca non è pienamente soddisfacente. Tuttavia, è un vero peccato che la sua analisi sia andata gradualmente nel dimenticatoio per essere sostituita dalle tesi dell’ecumenismo corrente.

 Il suo saggio è stato pubblicato in inglese. Prevede anche la sua traduzione in italiano?

E’ dagli anni Sessanta che l’editoria evangelica italiana non pubblica uno studio organico sul cattolicesimo. Anche questo è un segno dei tempi. Non sono tanto interessato alla traduzione di quest’opera, quanto a promuovere un’analisi evangelica che faccia i conti con il sistema teologico del cattolicesimo, col progetto avvolgente della cattolicità e le sfide che comporta. Non credo a un protestantesimo che sia l’ala evangelica di una cristianità cattolicizzata.

 

 

 

Share Button